SCHEDA PRODOTTO
LE BICICLETTE DI PECHINO Premio Festival Berlino
VHS
DRAMMATICO
ANNO: 2001
REGISTA: WANG XIAOSHUAI
ATTORE 1: CUI LIN
ATTORE 2: LI BIN
CASA PRODUZIONE: MOMDADORI
DURATA: 110 min
Guei è un ragazzo appena trasferitosi in città dalla campagna. Per lui la bicicletta, data in prestito dall'agenzia di pony express dove lavora, è fonte di sostentamento e emblema dell'inizio di una nuova vita. Guei ha la possibilità di riscattare la bici e divenirne proprietario, ma la bicicletta gli viene rubata. Dopo una lunga ed estenuante ricerca, Guei la trova. N'è proprietario Jian, uno studente di povera condizione, il quale a sua volta l'ha comprata in un mercato dell'usato. La bici diviene oggetto di una feroce lotta tra i due. Campagna vs città. Da sempre il confine tra queste due realtà è enorme in Cina. I contadini sognano la città come luogo di agiatezza e superiorità sociale, i cittadini guardano con disprezzo i primi, coscienti che il loro status conta qualcosa nei confronti del contadino, anche se la loro esistenza è tutt'altro che agiata. Educazione alla sottomissione. Ecco che la stessa capacità di ribellarsi o più semplicemente di dichiarare un diritto, è per il contadino uno sforzo troppo alto. Guei non afferma mai, a Jian e ai suoi amici, di aver bisogno della bicicletta, che per lui vuol dire lavoro, che Jian utilizza solo per conquistare una ragazza e l'ammirazione dei compagni. La Cina ha, quindi, superato il concetto dei "quattro grandi" (radio, macchina per cucire, orologio e bicicletta, appunto), sino a pochi anni fa simbolo di un seppur minimo benessere, appare confusa nella propria metamorfosi consumistica tanto che la stessa bici non è un semplice mezzo con due ruote, ma una mountain bike color argento. Da un lato Guei è costretto ad affrontare l'esigenza di vivere; dall'altro Jian, suo coetaneo, essendo ragazzo di città - dove i cambiamenti sono molto più veloci e pressanti -, conduce un'esistenza in cui la competizione provocata dall'obbligo (altra è la necessità) dell'avere cancella ogni regola, vivendo al di sopra delle sue possibilità (ruba i soldi al padre per comprarsi la bici, frequenta sale di videogiochi pagando il divertimento ai compagni) e per questo in continuo stato di frustrazione. La mancanza della bicicletta provoca due diverse forme di disperazione. La lotta per il suo possesso appare esasperata, devastante. Guei si aggrappa anche fisicamente all'oggetto dei suoi sogni, disperato di perdere una possibilità, forse l'unica, per esserci in una metropoli; per Jian quell'oggetto può promuoverlo a pari degli altri o, in mancanza di esso, farlo retrocedere nella sua reale condizione sociale, una realtà fatta di miseria dove le persone si lavano in comune in un cortile, dove la divisa scolastica - unico abito che indossa a differenza dei suoi amici e nemici- gli offre l'opportunità di esimersi dal mostrare la sua povertà (niente Nike, niente maglie firmate). Mentre il cambiamento, la mutazione è in atto (ma per chi?), Pechino è ancora un tappeto di biciclette - solo nell'edificio incompiuto dove i ragazzi si allenano per competere nelle gare di abilità, si apre uno sfondo di traffico automobilistico, quasi un sogno ad occhi aperti, una proiezione di quello che sarà o potrebbe essere il futuro. La lotta per la proprietà della bici - della proprietà tout court - si risolve con una decisione razionale. Non potendo più stabilire chi n'è proprietario, Guei e Jian si dividono i giorni in cui usarla. Sembra la miglior soluzione. Soltanto che…Jian ferisce il suo nemico (tipo con i capelli tinti, occhiali da sole, modaiolo tanto da sembrare un occidentale - o forse un giapponese, che poi è lo stesso), e la bicicletta è distrutta per ritorsione. Metafora. Bisogna che i cinesi imparino a dividere le proprie ricchezze, a essere solidali tra loro, a vivere in gruppo non come pretesto per l'inazione o addirittura come luogo in cui celare nefandezze individuali giustificate dall'appartenenza (così le bande giovanili, da leggere anche come ulteriore stimolo alla cancellazione dell'essere e alla glorificazione dell'avere). Un Paese che vive tra mille contraddizioni ha bisogno di recuperare l'attenzione alle esigenze altrui. E frutto di contraddizioni è anche la vicenda di questo film. La censura non si è mai espressa, ma Le Biciclette Di Pechino non vedrà mai la luce nelle sale cinesi. Può avere indispettito la partecipazione a Berlino senza autorizzazione? Può risultare indigesta l'analisi sulla Cina contemporanea affrontata oltretutto da un cineasta indipendente? I cineasti indipendenti come Xiaoshuai, ossia che non accettano i soldi e i vincoli statali, sopravvivono grazie al contributo straniero. E, azzardo un'ipotesi, queste bande, per i modi spiccioli in cui agiscono e per la loro sete di potere, ricordano troppo quelle più adulte indicate generalmente come criminalità organizzata, unica vera conquistata libertà che il capitalismo offre ad una Paese con una storia come quella della Cina (vedi ex URSS)? Comunque sia, capire il meccanismo censorio è compito arduo, richiede la sospensione della ragione, e non solo in Cina. © 2001 reVision, Emanuela Liverani -------------------------------------------------------------------------------- torna all'inizio --------------------------------------------------------------------------------