MARE DENTRO DAL REGISTA DI THE OTHERS
VHS
DRAMMATICO
ANNO: 2004
REGISTA: ALEJANDRO AMENABAR
ATTORE 1: TOMAR NOVAS
ATTORE 2: JAVIER BARDEM
CASA PRODUZIONE: LUCKY RED
DURATA: 125 min
VENEZIA - Un grandissimo attore, una storia vera, un regista spagnolo rimasto in patria malgrado le offerte di Hollywood. E un handicap spaventoso da trasformare in cinema. Ventotto anni di battaglia legale per morire con dignità perché da quel giorno maledetto in cui si tuffò nel mare della Galizia durante la risacca, Ramòn Sampedro aveva solo un desiderio: morire.Eppure l'uomo, ex marinaio, autore di memorie e poesie, era vitalissimo, intelligente, spiritoso, amorevolmente accudito non solo dai familiari - vecchio padre, fratello maggiore, cognata, nipote - ma da un piccolo "harem" di donne che ruotavano intorno al suo letto di tetraplegico illuminato. Al cinema difatti il grande handicappato è sempre un po' atleta dell'anima o del corpo, e "Mare dentro" di Alejandro Amenábar (concorso) conferma la regola. Eroismo o saggezza, vittoria sulle avverse condizioni o illuminazione finale, la menomazione diventa una via per accedere a forme di conoscenza (di vita) non superiori ma radicalmente "altre".
Facile dire che la via più fisica corrisponde all'approccio americano, quella interiore alla cultura europea. In realtà lo stesso Javier Bardem è già stato un giocatore di basket in sedia a rotelle per Almodovar (Carne tremula). La sfida di "mare dentro" però è più rischiosa.
Bardem non solo recita unicamente con la testa e il volto, ma è invecchiato dal trucco (invisibile, una volta tanto). Il patetico era dietro l'angolo, e così le secche del film "civile" (Sampedro fu protagonista di una lunga battaglia per il diritto all'eutanasia). Amenábar però ha l'intelligenza di non puntare solo sullo strepitoso Bardem, ma di concedersi una grande libertà di tono, dal lirico al comico (c'è anche una disputa filosofica fra tetraplegici, Ramòn nel suo letto e al piano di sotto un prete in carrozzella, che sarebbe piaciuta a Bunuel) e di mobilitare un gruppo di attori perfetti. Su tutti la bella avvocatessa afflitta da malattia degenerativa che si appassiona ala caso di Sampedro e ovviamente se ne innamora (Belén Rueda), e la povera operaia galiziana piantata dal marito che in quell'involontario "maestro", nel senso forte del termine, trova una ragione di vivere e una grande occasione di crescita (Lola Duenas). Ma l'ossessione di Sampedro è resa senza sconti. Ed è indimenticabile la risata, gorgogliante come un pianto, con cui Bardem accoglie i momenti più difficili, per sé e per chi ha vicino. Ricordandoci che "la vita è un diritto, non un obbligo". Ma non per questo bisogna rinunciare a educare un nipote zuccone.
BARDEM: IMMOBILE SUL SET,
RECITAVO CON LA TESTA
- Corriere della Sera - Domenica 5 settembre 2004 -
di Giuseppina Manin
VENEZIA - Interpretare un uomo costretto sempre a letto, recitare solo con la testa. Per uno come lei, con una fisicità così prorompente, una bella sfida. Dov'era il resto del suo corpo, Javier Bardem?
"Non lo so. Abbiamo tentato di nascondere questo corpaccione da armadio tra lenzuola e coperte. Quando è stato necessario mostrarlo nella dolorosa nudità di chi è immobilizzato da anni, con i muscoli delle gambe atrofizzati, si è ricorso a un ritocco digitale. Mi sono rivisto sul video in quello stato, sono rimasto molto colpito."
Quei limiti fisici hanno condizionato la sua recitazione?
"Al contrario hanno stimolato la mia immaginazione. Leggendo il libro scritto con la bocca da Sampedro per raccontare le ragioni della sua scelta, pagine dure, mai compiacenti, leggendo le sue poesie, così piene di vita, di sole,poco alla volta mi sono addentrato nel suo mondo interiore, scoprendo un uomo piagato dal dolore ma anche ricco di pace e serenità. Avendo a disposizione la magia del cinema, ho deciso di realizzare il suo sogno, farlo uscire da quel letto, da quella stanza. Ramòn a un certo punto prende il volo, fino al suo amato mare. E con lui ha preso il volo anche il film".
Sampedro non era bello, era tetraplegico, voleva morire. Eppure lo vediamo circondato di donne, tutte un po' innamorate…
"Amarlo non era difficile. Lui aveva una sensibilità e un rispetto per gli esseri umani fuori dal comune. In una società "machista" come quella spagnola, sono doti capaci di impressionare molto le donne. In più era intelligentissimo, colto, con gran senso dell'umorismo. E due magnifici occhi azzurri".
Come ha evitato l'insidia della retorica, delle facili commozioni?
"La mia regola è scrivere i temi "maiuscoli" in "minuscolo", senza mai pretendere di far proclami, ma mettendomi solo all'altezza dello sguardo degli esseri umani".
Il suo atteggiamento sull'eutanasia è cambiato dopo il film?
"Mi è servito a chiarirmi meglio le idee su un tema tanto delicato, dai limiti così sfumati. Credo di dover ringraziare Ramòn per la sua grande lezione di coraggio e tolleranza. Ma anche per avermi insegnato a celebrare la vita in ogni momento. A berla, gustandola, cercando di trasmettere quella sensazione a quanti ci stanno intorno".
Al film ha collaborato l'associazione che in Spagna si occupa di assistere chi chiede l'eutanasia…..
"Hanno fornito video e testimonianze preziose. Li apprezzo perché sono stati molto discreti: non ne hanno mai approfittato".
Ultima volontà di Sampedro: che la sua morte fosse filmata….
"Sì, voleva che quel video servisse a far capire la fatica e la sofferenza di dover organizzare ogni cosa clandestinamente. L'ho visto alcune volte, mi ha molto turbato…quella che si vede non è certo una "dolce morte": Ramòn ha sofferto molto, la dose di cianuro procuratagli dagli amici evidentemente non è il viatico migliore. Se la legge l'avesse consentito poteva andarsene più serenamente".
Ad aiutarlo a morire sono stati gli amici: tutti insieme perché nessuno potesse essere incriminato.
"Il caso finì in tribunale. Che voleva sapere chi, individualmente, avesse versato il cianuro. Seimila persone andarono a firmare dichiarandosi colpevoli di averlo fatto".
Ruoli così non si trovano spesso….
"No, certo. Ma io non ho la frenesia di girare un film via l'altro. Di solito lavoro con registi spagnoli, Bigas Luna, Almodóvar, ma di recente ho accettato una piccola parte, un cameo, in "Collateral". Il set americano mi ha colpito: ipertecnologico. Però, quando ho chiesto un bicchier d'acqua sono dovuto andare a prenderlo da me".
BARDEM E LA STAUNTON "VINCE LA LOTTA AI TABU'"
LE REAZIONI DEI PREMIATI.
L'ATTORE SPAGNOLO E IL REGISTA AMENÀBAR A CENA CON RE JUAN CARLOS
- La Stampa - Domenica 12 settembre 2004 -
Javier Bardem, l'attore spagnolo Coppa Volpi maschile per il film "Mare dentro" e Alejandro Amenábar, Leone d'argento per lo stesso film, hanno festeggiato ieri sera il premio con il re Juan Carlos, a Venezia per l'inaugurazione della mostra su Salvador Dalì a Palazzo Grassi. Bardem, considerato uno degli attori più sexi del mondo, nel film è un irriconoscibile tetraplegico che lotta per l'eutanasia. Aveva già vinto la Coppa Volpi quattro anni fa con un altro personaggio choc lo scrittore gay cubano perseguitato di "Prima che sia notte" di Schnabel: "Un filo comune unisce questi due film: il rispetto per la persona, il diritto, la libertà e la tolleranza. Nel film di quattro anni fa il protagonista rivendicava rispetto come artista e omosessuale nella società cubana che lo discriminava, questa volta il protagonista vuole essere proprietario della sua vita fino in fondo, e lotta contro le istituzioni religiose e politiche che condannano la libertà dell'essere umano." Quest'ultima frase l'attore spagnolo l'ha estesa anche al personaggio che è valso a Imelda Staunton la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile per il film "Il segreto di Vera Drake" di Mike Leigh, in cui è una donna operaia che aiuta le ragazze in difficoltà procurando illegalmente aborti. "La giuria - ha detto Bardem _ scegliendo questi nostri due film ha puntato sulla libertà dell'essere umano".
VIVERE, MA A QUALE PREZZO?
- Il Sole 24 ore - Domenica 19 settembre 2004 -
di Roberto Escobar
"chi sono io per giudicare chi vuol vivere?". Così dice Ram?n Sampedro, il tetraplegico galiziano che, a lungo e invano, chiese ai tribunali spagnoli di poter morire. La sua storia è narrata da Alejandro Amenábar in MARE DENTRO.
(…) Chi è dunque Ram?n Sampedro per giudicare della vita e della libertà di un altro uomo o di un'altra donna? Posta così , la domanda ammette una sola risposta: Ram?n Sampedro non ha alcun diritto di sovrapporre la propria decisione a quella di un altro essere umano di restare in vita. La volontà di vivere, l'amore per la vita è quanto di più personale e insostituibile ci definisca, a uno a uno.
(…) Tuttavia, capovolta nella sua formulazione e nel suo senso, chi è non solo Ram?n Sampedro, ma ogni altro uomo od ogni altra donna, per giudicare chi non voglia vivere?
(…) A questo è dedicato MARE DENTRO: al confine terribile lungo il quale corrono, si incontrano e si scontrano la dignità e la libertà dell'io (del singolo uomo e della singola donna) e il potere e la potenza del noi (della dimensione sovraindividuale, che sia spirituale o che sia politica).
Al pari del loro Ramon (un bravissimo Javier Bardem) Amenábar pensa che della propria morte sia solo il singolo a poter disporre (…). C'è il valore morale dell'io che sceglie, di ogni io che sceglie.
(…) Non odia la vita il Ramon di Amenábar. Al contrario, la ama di un amore non più possibile. E per amore intende non un a "tecnica", ma un essere, un poter essere. Lo stesso sente e pensa delle donne, e in particolare per Julia. Ramon può fingerselo nel desiderio questo suo amore impossibile, e nel sogno a occhi aperti che lo porta oltre la finestra della sua stanza, in volo fino al mare. (…) A qualcuno potrebbe bastare anche questa vita sognata: potrebbero bastagli il "mare dentro" e il suono dolce delle parole che danno il loro corpo sottile al desiderio.
Ma tutto questo a Ramon non basta e decide di morire. Julia, invece, finisce per scegliere di vivere, nonostante la prospettiva certa che la attende l'immobilità e l'impotenza, la stessa tragica impotenza di lui. E chi mai siano, noi, per giudicarla?
MARE DENTRO
- Sorrisi e Canzoni - Sabato 25 settembre 2004 -
di Paolo Fiorelli
Dolorosa fino a essere insopportabile. Così vede la vita Ram?n. E così appare, a noi che lo guardiamo, il suo dramma. (…) Un caso che ha sconvolto la Spagna e ora sconvolgerà gli spettatori di "Mare Dentro". Perché il film guarda in faccia il tabù della morte (non la morte-spettacolo di tanti thriller adrenalinici, ma quella vera). Lo fa in maniera struggente ma asciutta, senza retorica. Non manca di invenzioni registiche. E si pone domande che ci coinvolgono tutti: fino a che punto la vita è degna di essere vissuta? E vive è un dovere o un diritto a cui si può rinunciare? E che cos'è l'intimità per chi non può fare assolutamente nulla senza l'aiuto dell'altro? I personaggi sono profondamente veri nei loro tormenti. E Javier Bardem, giustamente premiato a Venezia, è straordinario nel recitare per due ore con un volto mobilissimo e il corpo di pietra.